Alessandro Paglia - "Mondo libero" 07/94
Carlo Sarpellon,
di professione impiegato ma di vocazione pittore, si è rivelato pubblicamente come artista in occasione di una mostra aziendale. Dopo solo alcuni mesi da essa, i suoi quadri viaggiano di mostra in mostra. Alla domanda - da quanto dipingi? - egli risponde timidamente che ha sentito l'attrattiva di pensare alla pittura fin da ragazzo.
Dipinge ad olio con una tecnica mista in cui i colori sono portati sulle tele sia diluiti sia densi, alla ricerca di effetti materici in sospensione aerea. Le tonalità sono sommesse e la luce e la luce traspare dai fondi grigi e a volte verde marci. La forma e lo spazio sono ricercati d’istinto attraverso il colore, secondo il più antico costume veneziano. Ovviamente il suo soggetto preferito è Venezia. E nei confronti di Venezia è un intimista. Sceglie particolari come d’uso nei procedimenti poetici, immagini che si specchiano nell’acqua. Non copia, ma trasforma Venezia con la sua fantasia e trasmette allo spirito di chi guarda i suoi quadri la poesia di una storia antica quanto sfumata nei ricordi, dona l’emozione melanconica dell’inizio di una decadenza prossima ventura.
Sono certo che a contatto con il pubblico egli troverà stimoli ed incentivi per aggiornare le sue possibilità artistiche. E credo che il risultato più bello dei suoi quadri, preparati per anni e anni dipinti solo per se stesso, sia quello di farsi ammirare con piacere ritenendo la pittura un mezzo prezioso per emozionare e far meditare.
Silvia Palatini – Cortina d’Ampezzo 03/1998
È una Venezia malata e desolata quella propostati da Carlo Sarpellon all’Hotel Montana di Cortina d’Ampezzo. L’autore è un autodidatta dalle idee molto chiare così da farsi rispettare: si sa che spesso gli autodidatti sono se non più preparati certamente più originali di quanti escono dalle accademie. La disperazione di una Venezia morente è qui gridata a piena voce, senza alcuna trasfigurazione o alternativa spirituale. Di più, è resa atroce dell’immobilità a cui la decadenza che gravita sul sentimento riduce un’esistenza senza speranza di riscatto: l’autore proietta sui muri sfatti la propria vicenda interiore, identificandosi pienamente nella propria amata città.
La luce dei canali, delle famose pietre di Venezia e dei loro singolari bardagli si spegne fra scrostamenti di vuote abitazioni, diventando materia sensuale, e il deserto dei luoghi, tutti simili fra loro, permea di inverosimili silenzi un’insostenibile solitudine. Le facciate delle case ritratte presentano tante finestre tutte chiuse, come in un ossessione, un incubo da ghetto dove nessuno passa a svegliarti. Dietro le quinte di questo doloroso scenario il pittore non giostra le proprie emozioni, troppo impegnato a ritrarre la città quel’è, quasi in una veristica, documentata denuncia. Ma ecco che un improvviso ed imprevisto raggio di sole che si posa lieve sulla facciata di una casa, impercettibile, strappa al fruitore un sorriso, e invita a cogliere, con un accenno di ironia e di speranza, insieme all’istantanea brevità dei secoli, le relatività (ma non la banalità) della nostra vicenda terrena.
Rosanna Ghedina “Cortina oggi” 3/98
Quindici tele ad olio sul tema di Venezia nella hall dell’hotel Montana prolungano idealmente il soggiorno dei Venezia a Cortina d’Ampezzo in questo scorcio di fine stagione invernale. Sono del veneziano Carlo Sarpellon e quindi sono una confessione del suo amore per la città. Egli è autodidatta, che attinge la sua tecnica dalla scuola impressionistica lagunare con alterne sottolineature o cromatiche o tonali e con la ricerca della forma attraverso il colore; è un artista che sviluppa la sua ricerca pittorica attraverso i particolari della sua Venezia che egli sceglie non nella magnificenza dei palazzi del Canal Grande, ma nei piccoli ponti storti, nei muri con finestre, nei rii minori, nei campielli, negli scorci di fondamenta, per cogliere attimi di intimità (sotto questo aspetto fa ricordare le ricerche intimistiche su Parigi di Tamburi attraverso le finestre e le panchine dei parchi). È un pitture che quindi si guarda attorno, non rifiuta le indicazioni e le lezioni dei grandi maestri, ma si esprime con personalità nel comunicare il senso di una Venezia in decadenza con i muri scrostati e carichi di umido e denunciati con grigi e marroni che sanno di marcio.
Una Venezia autunno-invernale. Una Venezia interiore, anziché esteriore. Una Venezia dimenticata abbandonata a giudicare l’atmosfera di silenzio che gravita in ogni quadro, salvo aprirsi a uno spiraglio di speranza con quella flessibile luce che il pittore fa scorgere in fondo ad alcune vedute dietro le calli.
Giulio Gasparotti 12/93
Carlo Sarpellon presenta una serie inedita di vedute e scorci veneziani sviluppati per lo più nella sintesi tra prospettiva frontale e blocco cromatico verticale, che li allontana dalle solite suggestione pittori cistiche. Le facciate di case e palazzi gli suggeriscono le pezzature cromatiche che a pennellata larga, in accostamenti di tonalità rispettose del tempo storico, composti in architetture che scandiscono i piani attraverso i colori calcinati che stagliano i volumi. Andando al di là delle solite vedute, Sarpellon sottolinea con estrema efficacia e attenzione i riconoscibili dettagli della rappresentazione, avulsa da qualsiasi espediente voluttuoso e fondata su inquadrature che sembrano librarsi, sollevate da onde simultanee e diverse da facciata a facciata, da angolatura a angolatura, in verità di visione. Nella presa immediata dell’immagine cadenzata da portoni e finestre, vibranti di curiose risonanze, come occhi aperti su pieni e vuoti, ombre e luci.
Lo spazio è immerso in un’atmosfera di riserbo e di silenzio infinito e senza tempo. E quanto di descrittivo qualcuno volesse far sortire dalla visione, è riassorbito da una allusiva sinfonia di colori, quasi che il pennello dia lasciato scorrere in un ductus improvviso che spalanca la struttura di un colore che disegna, assesta, riverbera, partecipa di quello vicino e si precisa e armonizza nella costruzione architettonica.